Una sola è la strada per la felicità, dice il saggio.
Oddio, forse dovevo svoltare prima.

giovedì 9 maggio 2019

Mi ritorni in mente (mamma)



Ho ritrovato qualche giorno fa questi appunti, che scrissi su un quaderno dopo l'ultima volta che accompagnai mia madre a una visita dal geriatra. Mia madre da poco più di un anno non c'è più e io la ricordo così.



Trovarsi di fronte al geriatra che sta visitando un tuo genitore anziano è come giocare a tresette. Un susseguirsi di occhiate, sguardi, ammiccamenti. Perché l’anziano è tremendo, spesso dice bugie, a volte non ha memoria, mischia, inventa, depista. E allora, tu, figlia, cominci a tessere una trama comunicativa parallela col medico, fatta di mail, telefonate, ammiccamenti, espressioni facciali.

Sono qui davanti a lui e vicino a me c’è mia madre, una pestifera ottantenne ansiogena, arruffata e rimpiccolita come una bambina a scuola, che sta giurando e spergiurando di prendere sempre tutte le medicine. Ma io so che non è vero. Il dottore mi guarda. Io faccio un’espressione come a dire «se, col cavolo che le prende». Mamma si gira verso di me e cerca approvazione, io le sorrido come a dire «certo certo», poi rivolgo di nuovo lo sguardo al medico come a dire: «se, col cavolo: sta mentendo!». Insomma, così. 

Poi lui scorre i referti delle analisi. Tranne un problema di fibrillazione atriale tenuto sotto controllo da anni, sono perfette. Sono molto meglio delle mie.
Ahia. La guardo con la coda dell’occhio. Mamma l’ha presa male, sta scalpitando. Brutto colpo, perché lei aspira al primato di persona più malata del mondo e non credo che accetterà facilmente di perdere lo scettro. 
Ci congediamo molto velocemente: «Arrivederci dottore».
Secondo me non ci vorrà venire più.