Una sola è la strada per la felicità, dice il saggio.
Oddio, forse dovevo svoltare prima.

domenica 24 settembre 2017

SCRIVERE UNO SPETTACOLO PER I BAMBINI. DIECI CONSIGLI PER INIZIARE

Chi fa l'insegnante, l'educatore, l'animatore e lavora quindi con i bambini si sarà trovato, almeno una volta nella vita – ma spesso di più – ad affrontare l'esigenza, o il desiderio, di allestire uno spettacolo, una recita (a Natale per esempio, o a fine anno scolastico). La situazione ottimale è affidarsi a esperti che sappiano guidare i bambini in un percorso teatrale che sia anche formativo. Il teatro è una splendida occasione di crescita e varrebbe proprio la pena sfruttare tutte le sue possibilità. Non sempre però si può disporre di figure esterne specializzate in materia, e quindi non resta che optare per il fai da te. A cominciare dal testo da mettere in scena.

Ecco dieci punti da tenere in considerazione per affrontare la fase della scrittura.

1. Partite da una storia, che abbia un trama riconoscibile, un inizio, uno sviluppo e una fine. Può essere una storia inventata da voi, o già esistente (per esempio potete attingere dalle fiabe o dalle leggende popolari). Una storia ovviamente alla portata dell'età dei vostri bambini.

2. Raccontate la storia ai bambini, osservate le loro reazioni, iniziate a farli partecipare.

3. Chiedete ai bambini di drammatizzare la storia, facendo fare loro i personaggi a rotazione, per vedere che frasi, parole e azioni useranno. E prendete appunti.
 

4. Stesura del copione. Ovviamente il copione non serve per i bambini piccoli, che ancora non leggono: non possono avere dialoghi da imparare a memoria, per loro l'approccio con il teatro sarà diverso, specifico, prevalentemente ludico. Nello scrivere il copione considerate quanti bambini avete e prevedete un numero di personaggi che offra visibilità a tutti. Come? Prendete esempio dai cartoni della Disney: rendete importanti i personaggi che magari in una storia sono minori. Se non ci sono, inventateli. Prendiamo Cappuccetto Rosso: non ha senso far recitare quattro Cappuccetti Rossi e cinque lupi. Fate parlare gli alberi del bosco, i fiori, gli animali. Possono interagire con i protagonisti, fare da narratori, da commentatori. E diventare personaggi molto divertenti e di spicco.
 

5. Non infilate tirate moralistiche e pappardelle didattiche nei dialoghi. Il significato e il messaggio dello spettacolo deve venire fuori dallo spettacolo stesso: altrimenti vuol dire che non è scritto bene.

6. Dovendo prevedere diversi luoghi in cui si svolge la vostra storia, tenete presente, già dalla stesura, che non avrete a disposizione il palco girevole del Sistina, né Dante Ferretti per le scenografie. Se volete una principessa che si affaccia dalla torre in cima alla montagna dovrete essere capaci, in sede di allestimento, di evocarlo con i mezzi che avete. Di solito con una scena neutra e dei praticabili (pedane, piani rialzati ecc.), si può immaginare tutto. È la magia del teatro. Non è però facilissimo pensare una soluzione se non avete l'esperienza sufficiente, quindi semplificate il più possibile i cambi di ambientazione.

7. Vietato mettere nei dialoghi parole tipo “stupido”, “cretino”, eccetera. Mi è capitato di leggere parecchie volte copioni scritti da insegnanti – addirittura da catechisti – con un linguaggio di questo tipo. So bene che nella vita di tutti i giorni si usa e magari fa ridere. Ma no. No, no!

8. Quando finite di scrivere il vostro copione, leggetelo a voce alta. Se ci sono intoppi nelle parole, frasi difficili, lungaggini, espressioni poco naturali, ve ne accorgerete facilmente e potrete fare le dovute correzioni.

9. Prima di iniziare le prove organizzate con i bambini delle letture a tavolino. Questo vi aiuterà a definire le parti da assegnare insieme a loro, testare la scorrevolezza del testo, i ritmi, e la durata. Ricordate che la recita è bella quando dura poco.

10. Se non avete una buona idea per una storia o una preferenza su quella da scegliere, se non avete tempo, o voglia, o pazienza per scrivere un copione fai da te, prendetene uno già scritto. Occhio però, dovrete comunque adattarlo. Buon lavoro!





venerdì 8 settembre 2017

IL TRAMONTO DELLA 'D' EUFONICA

Non mi è mai stata molto simpatica, ma fino a qualche anno fa, bene o male, si riusciva a tollerarla. Nel tempo, per un normale processo di semplificazione della lingua, è andata gradualmente in disuso e ora, tranne alcune occasioni in cui effettivamente ha un suo perché, per quanto mi riguarda  potremmo farle serenamente il funerale.
Mi riferisco alla 'd' eufonica, quella che si lega alla 'a', alla 'e' e alla 'o' quando sono seguite da vocale.

E allora? Qualcuno dirà.
Appunto, dirà «e allora», non «ed allora». Perché farebbe un po' ridere. Perché sarebbe in più.
Anche se la sua derivazione è latina (da et e ad), la 'd' eufonica appare innaturale nel linguaggio parlato (tranne le eccezioni di cui sopra) e di conseguenza in quello scritto.

Da piccoli, a scuola, ci hanno insegnato a usarla sempre: per questo molti non la mollano ancora. È comprensibile, specie se non ci si occupa nello specifico di scrittura.
Però ci sono anche quelli che volutamente abbondano, la ostentano e addirittura la usano a chili in contesti tutt'altro che formali, come mail e post di facebook, pensando di darsi un tono, pensando di sembrare più colti. Beh, è il contrario. Un effetto persino un po' ridicolo, a volte.

Per conferire un minimo di spessore a queste affermazioni, riporto ciò che dice la bibbia in materia di lingua italiana, cioè l'Accademia della Crusca:
«L'uso della 'd' eufonica, secondo le indicazioni del famoso storico della lingua Bruno Migliorini, dovrebbe essere limitato ai casi di incontro della stessa vocale, quindi nei casi in cui la congiunzione e e la preposizione a precedano parole inizianti rispettivamente per e e per a (es. ed ecco, ad andare, ad ascoltare, ecc.)». 

Devo confessare che io in generale la uso ancora nei testi delle canzoni: per legare meglio alcune parole (che già in italiano con la musica non aiutano) e rendere così più fluidi i versi. Ma piano piano mi allenerò ad abbandonarla (nota: ad - a) anche in questo campo.

Per il resto – sempre considerando le dovute eccezioni – forza e coraggio, lasciamola andare al suo destino, senza rimpianti. È già da un po' sul viale del tramonto. Ed è subito sera.