Una sola è la strada per la felicità, dice il saggio.
Oddio, forse dovevo svoltare prima.

mercoledì 1 marzo 2017

IL CERVELLO È MIO E LO GESTISCO IO




Una figura di cacca può cambiarti la vita


Tanti anni fa (tanti, avrò avuto vent'anni o poco più) ero una ragazza molto diversa da come sono ora. Avevo persino una guida spirituale (cioè un sacerdote di riferimento, invece della psicologa). E a questo proposito c'è un episodio apparentemente banale, che ha rappresentato un punto di svolta nella mia vita. 

Quando uscì nelle sale Nove settimane e mezzo, la guida spirituale convinse tutto il suo fan club (compresa me) che fosse un film altamente pericoloso, sconveniente per tutta una serie di motivi che ora nemmeno mi ricordo, e che per questa ragione non andava nemmeno visto.
In quei giorni (citazione evangelica involontaria), mi trovai a casa di un amico del laboratorio teatrale che allora frequentavo, per un lavoro da fare insieme. Ora, com'è come non è, si finì a parlare del famigerato Nove settimane e mezzo, e mentre lui ne parlava (e l'aveva visto), io gli davo contro con veemenza, ripetendo a pappagallo le motivazioni che avevo assunto come mie. «Perché prima di parlare non lo vai a vedere?», mi disse giustamente il mio amico. «Perché non va proprio visto». Punto. Categorica. Convinta.

Bene. Un bel po' di tempo dopo, com'è come non è, non me lo ricordo, passate le polemiche della prima ora, mi capitò un invito a vedere questo benedetto film e, ormai un po' sbiaditi i discorsi sui divieti vari, anche se titubante, ci andai. Beh. Nove settimane e mezzo, una grandissima cazzata, niente di che, niente di pericoloso, nessun minimo motivo di turbamento. Esattamente come diceva il mio amico del laboratorio, ed esattamente il contrario di quello che diceva la guida spirituale. Che poteva avere anche le sue ragioni: ma non erano certamente le mie!

Ecco, non mi ricordo davvero più i termini della questione, ma mi ricordo in modo preciso come mi sono sentita appena uscita dal cinema: un'idiota, una stupida, una povera deficiente. Io non pensavo affatto quello che avevo detto, sostenuto e sottoscritto. Io ero perfettamente in grado di elaborare un giudizio autonomo in base alla mia formazione culturale, alla mia sensibilità, alle mie idee. Non avevo bisogno di fare il ripetitore dei giudizi altrui. Avrei voluto citofonare al mio amico e dirgli: «Oh, cavolo, avevi ragione, sono stata una stupida, vorrei mettere la testa dentro un sacchetto di carta, dovevo vederlo prima di parlare, non era affatto il mio pensiero. Frustami!» Ma nel frattempo lui aveva cambiato casa, e chissà se si ricorda ancora di me, la ragazza decerebrata.

Questa figura di cacca è stata fondamentale. Da allora la mia linea esistenziale è: mai più prestare la voce ai pensieri altrui, che siano guide spirituali, leader politici, amici intelligenti, professori, gruppi o idoli di varia natura. Mai. Essere d'accordo con, non essere d'accordo con, questo sì... ma mai rinunciare all'autonomia del pensiero. Mai abdicare al cervello. Sempre verificare, controllare, informarsi di persona. Ci sono tante altre cose per cui sentirsi stupidi. Per tutto il resto... c'è la psicologa.



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