Una sola è la strada per la felicità, dice il saggio.
Oddio, forse dovevo svoltare prima.

martedì 25 novembre 2014

Racconti fatali: STORIA DELLO JODEL

Lo Jodel era un uccello preistorico mezzo giallo e mezzo nero.
I suoi genitori, uno pterodattilo piuttosto provinciale e una graziosa piro-piro delle paludi, avrebbero voluto che diventasse un ufficiale dell'aeronautica.
Ma Jodel non riusciva a volare. Soffriva di vertigini e voleva fare la soubrette di varietà.

Un giorno suo padre lo portò sulla cima dell'Himalaja e lo abbandonò, convinto che ciò lo avrebbe spinto a volare.
Jodel era disperato: sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di tornare indietro.
Durante una fredda notte dell'era glaciale, gli apparve in sogno una gallina padovana, che lo rassicurò: «Non temere, figliolo, sono qui per aiutarti. Ecco, prendi: con quest’armonica a bocca fatata riuscirai a esaudire ogni tuo desiderio».
Come per incanto la gallina svanì e Jodel si ritrovò con un'armonica a bocca tra le zampe.
Cominciò a suonare un motivetto malinconico, esprimendo il suo desiderio di poter scendere dalla montagna.
Uno yeti
 che abitava da quelle parti, seccato per la lagna, lo prese per le ali e lo rispedì in pianura con un calcio.
Jodel era felice. Il suo desiderio si era avverato anche se, nell'impatto con il terreno, aveva ingoiato l'armonica.
Da quel momento, ogni volta che apriva il becco, emetteva solo il caratteristico suono che lo avrebbe reso famoso in tutti i tempi.

La sua leggenda varcò le frontiere. Venivano a vederlo da tutte le parti del mondo.
Jodel si esibiva in un locale frequentato abitualmente da brontosauri in cerca di facili avventure, "La Grotta del Vulcano", e ogni sera il clima era incandescente.
Le folle impazzivano per lui. Incise un disco di pietra che subito salì in testa alle classifiche, superando l'hully-gully e il ballo del qua-qua.
I tirannosauri lo ballavano dalla mattina alla sera, provocando non pochi disastri tellurici.

Il sogno di Jodel di lavorare nel mondo dello spettacolo, dunque, si era avverato.
Decise quindi di andare in cerca della sua benefattrice, la gallina padovana, per ringraziarla.
Viaggiò per anni e anni, superando mille difficoltà e accompagnandosi col suo canto. Finché un giorno, mentre sorvolava il Tirolo su uno pterodattilo di linea, morì strozzato da una pillola per il mal d'aria che gli era andata per traverso.




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